Silvia Magnani

Ma davvero vuoi abolire la prova scritta di italiano?

Mi capita, con frequenza crescente, di correggere articoli, capitoli di tesi o soltanto appunti scritti dai mie studenti che denunciano una incapacità estrema nell’uso della lingua scritta. Mettere in parole durevoli, questo è alla fine un testo, pensieri anche perfettamente compresi, pare un compito troppo gravoso per la maggioranza dei ragazzi.

La morte della conversazione

Mi sono chiesta, rispondendomi in modo positivo, se questa non sia una delle tante derive della morte della conversazione, sostituita dalla messaggistica, che obbliga alla riduzione della espressione dei pensieri a brevi frasi e al congelamento dei sentimenti in emoticon.

Le competenze conversazionali, che possiamo solo sviluppare nel rapporto faccia a faccia e in tempo reale con un’altra persona, allenano la mente a ricapitolare rapidamente il pensiero dell’interlocutore, a darne un giudizio e a ribattere, programmando nella mente e successivamente dando forma sonora alla migliore risposta possibile.

Per fare questo occorrono: 1. un’ottima capacità di ascolto, 2. una buona competenza logica, strumento del giudizio, 3. un’altrettanta buona capacità di formulare frasi dotate di forma sintattica corretta e, se possibile, contenenti elementi del lessico veramente pertinenti.

Ascoltare

La modalità multitasking di operare e l’utilizzo delle macchine per comunicare (il cellulare è la principale) riducono moltissimo la nostra capacità di ascoltare chi ci sta parlando. Ascoltare infatti è non solo evincere il significato letterale di ciò che ci viene detto ma interpretarne la valenza emotiva, cioè la coloritura che solo la voce, la mimica del viso e la postura sanno dare al discorso. Ascoltare senza guardare o intenti ad altro è una delle forme di ascolto avverso più diffuse e tollerate, proprio perché agite da tutti. Quanto della conoscenza dell’altro, e inevitabilmente di noi stessi, ci toglie l’incapacità di ascolto è un punto su cui vale riflettere.

Usare la logica

La pratica dell’operare logicamente ci aiuta, una volta acquisito il contenuto, di rianalizzarlo e di sottoporlo a un giudizio di credibilità e di accettabilità, così da poter rispondere ad esso rimanendo in tema, anzi sviluppandone il nucleo. Per far questo il principale mezzo per acquisire competenze logiche è lo studio delle tante materie ritenute nel contemporaneo inutili (in quanto non economicamente immediatamente sfruttabili). Nel mio caso è stato il greco antico, ma per altri può essere stata la storia, la filosofia, il latino. Quel bagaglio cioè delle “materie non scientifiche” che vengono sempre più messe al bando dalla scuola perché non dotate di una applicabilità occupazionale immediata.

Inutile dire che insegnare a un adolescente a piallare il legno o a decorar pareti ne fa in breve tempo un abile artigiano, ma senza l’aderenza logica a ciò che significa il proprio artigianato, senza la mente critica che ogni opera, anche della manualità più elementare, richiede le prospettive di evolvere saranno scarse.

Nella mia carriera di medico ciò che più mi ha aiutato a fare scelte e ad accogliere il paziente è stata il pensiero logico e la natura empatica, che certo non mi ha dato il curriculum di studi bensì quell’insieme di materie del tutto inutili che ho continuato a studiare anche dopo la laurea e che mi hanno istruito prima che sul corpo sulla natura dell’umano. Parlo della bioetica, dell’esegesi biblica, della filosofia contemporanea, del mio immenso amore per la poesia, vere boe di salvataggio dalla deriva dell’analfabetismo di ritorno al quale il solo studio della scienza condanna.

Tradurre in parole

Ma torniamo alla conversazione. Oltre alla capacità di operare con logica occorre, per fornire una risposta adeguata, la competenza nel mettere il nostro pensiero in parole. Non in frasette da chat ma in frasi strutturate. Questo non può che derivarci dall’aver partecipato a migliaia di conversazioni, dall’aver fatto il gioco del detto e contraddetto e infine, e non ci si deve vergognare nell’affermarlo, dall’avere letto. Letto letteratura, con spirito curioso e ritico. Letto parole scritte da altri.

Ora, è evidente che tutto questo bagaglio di competenze, che sono principalmente conversazionali e culturali, è ciò che ci serve per produrre un testo scritto che si presenti con un sufficiente grado di decenza. Gli antichi chiamavano questo retorica ed esercitavano i loro allievi alla discussione, al fine di affinarne le capacità logiche, di programmazione linguistica e di oratoria (cioè del ben dire).

Nelle nostre scuole non si fanno gare di oratoria, la parole stessa retorica è usata in senso spregiativo e le conseguenze le vediamo ogni giorno quando assistiamo a dibattiti che sono scontri tra ego, invece di essere contributi alla progressione del sapere collettivo.

Saper scrivere è esercitare la propria libertà

Credo che si debba guardare al tema di italiano come a un mezzo prezioso per divulgare le proprie idee, allo scritto come alla maniera più semplice per dire chi siamo e cosa pensiamo.

Penso alla prova scritta di italiano come a uno strumento di espressione della personalità dello studente e della sua capacità di giudizio sul mondo. Testimonianza che, proprio al termine del ciclo di studi, si è tenuti a dare, garanzia di maturità e raggiunta autonomia intellettuale.

Penso all’ educare a esprimersi con la lingua scritta come a uno dei modi più efficaci per fare degli studenti uomini liberi.