La voce è fatta per comunicare a volumi contenuti. L’apparato vocale si affatica, se è costretto a produrre fonazioni ad alta intensità per periodi prolungati.
Da cosa dipende l’intensità della voce
L’intensità è correlata alla pressione sottoglottica, cioè alla forza con la quale l’aria giunge dalla trachea e alla pressione conseguente che esercita arrestandosi al di sotto delle corde vocali addotte. Per parlare a voce alta occorre gestire i suoi valori di questa pressione, incrementandoli anche in modo significativo.
La maniera più economica per fare ciò, ma vale solo per aumenti di intensità moderati, è abbassare, fonando, il piano glottico. In questa modalità infatti le corde vocali si ispessiscono e aumentano la superficie di accollamento, opponendo maggiore resistenza all’aria in arrivo dalla trachea. Per vincere tale resistenza occorrerà quindi una maggiore pressione, che si tramuterà in aumento di intensità.
Se però si vuole ulteriormente alzare il volume della voce, questa manovra non sarà sufficiente e la resistenza glottica dovrà necessariamente essere incrementata con un’adduzione più serrata ad opera di una contrattura aggiuntiva del tratto sovraglottico.
Poiché però la proporzionalità tra pressione sottoglottica ed effettiva intensità della voce nell’ambiente è diretta solo per adduzioni operate in modo non forzato ed elastico, il reclutamento del tratto sovraglottico, generatore di maggior rigidità del sistema, porterà in un primo momento a un aumento del volume ma, con l’ulteriore contrattura, a una perdita della proporzionalità, con alte pressioni sottoglottiche ma bassa intensità risultante.
Effetti laringei della fonazione ad alta intensità
E’ utile ricordare che una forza esercitata al di sotto del piano glottico che si trasformi, a corde addotte, in pressione diretta, produce effetti microtraumatici, ai quali il tessuto cordale risponde con una vasodilatazione del territorio capillare alla quale segue un aumento di permeabilità parietale dei vasi con possibile passaggio del contenuto liquido del sangue nella sottomucosa. In relazione allo stato di compattamento del tessuto si potrà avere un effetto edemigeno più o meno evidente e, solitamente, maggiore nelle donne, dove, per l’avverarsi del ciclo estro-progestinico, la trama connettivale è per sua natura più lassa. Con il ripetersi di episodi di abuso vocale di intensità si assiste a un progressivo passaggio da uno stato infiammatorio acuto (arrossamento e modesto edema, poi riassorbito), a uno stato cronico con vasodilatazione permanente ed edema stabile, sino a esitare nella laringite cronica di Renke..
Questo non significa che non possiamo urlare, quando occorre, significa che non possiamo abitualmente urlare. Una conversazione condotta ad alta intensità è inoltre, dal punto di vista comunicativo, poco efficace. La prosodia ne risente (gli andamenti di intensità sono significativi solo se prodotti a partire da un’intensità di base moderata). L’effetto sull’interlocutore è sgradevole. L’autocontrollo uditivo-fonatorio impossibile.
L’intensità è come un drago che tutto fagocita. Più cresce, più il timbro si impoverisce, la qualità di fa percettivamente sgradevole, la gestione risonanziale impossibile, le variazioni frequenziali, con la naturale modulazione, si spianano.
La nostra voce è in grado di trasmettere davvero ciò che proviamo solo all’interno di un range di intensità relativamente limitato. La conversazione in un posto tranquillo è il luogo dell’anima.