Silvia Magnani

Il lattante sperimenta il tempo

Nella sdraietta inizia ad agitarsi. La mamma gli parla dolcemente ma in una manciata di secondi l’agitazione si trasforma in pianto. Ha fame.
La mamma si scosta dal tavolo e gli mostra il biberon colmo di latte. Il pianto cessa, lo sguardo si fa attento, le braccia si protendono.
All’età di cinque mesi, il piccolo sta iniziando la sua avventura nel tempo: sperimenta l’attesa.
Attendere… ecco una esperienza umana che ci rende consapevoli che la dimensione temporale ci è connaturata. Lo sappiamo quando siamo in fila alla posta, in macchina, quando aspettiamo una telefonata e diciamo tra noi: è tempo perso, non ho abbastanza tempo o definiamo l’attesa eterna, interminabile, lunga (ma il tempo non è anche spazio?).
Attendere, tendere a ….
Il nostro piccolo sperimenta per la prima volta il tempo lineare nel quale c’è un presente, la fame, e un dopo, il latte caldo. Senza saperlo, lui, così ingenuo, si affaccia nello stesso momento a esplorare i primi nessi causali: il latte spegnerà la fame.
 
Eccolo proiettato nel mondo della logica, nella quale alle cause seguono gli effetti. Ma, appunto, seguono, c’è un prima e un dopo…
Temporalità e causalità iniziano a darsi la mano.
L’attesa è lì, a trasportarlo nel futuro, distogliendolo da quel “qui, adesso” nel quale vive ogni giorno.
E quel tendere, proiettandosi nel tempo che verrà, lo riempie di fiducia in un mondo affidabile, che gli verrà incontro, premiando la sua attesa.