Silvia Magnani

Annegare il cervello in uno spritz

La bella piazza XXV Aprile a Milano si sta desertificando. Meglio, i suoi storici negozi stanno chiudendo per l’esosità delle richieste economiche per il rinnovo del contratto di affitto. Anche questa piazza si riempirà di quella popolazione fluttuante che sta invadendo la città.

Milano da capitale morale a capitale degli aperitivi, con i suoi marciapiedi concessi in uso a locali pubblici che invadono gli spazi come, alle elementari, la macchia di inchiostro che asciugavamo  invadeva, per capillarità, lo spazio bianco della carta assorbente.

Nel mio quartiere camminare sul marciapiede nelle ore diurne e della prima serata è impossibile. Una folla invade gli spazi comuni, assiepandosi ai tavolini dove vengono servite una ciotola di patatine e qualche arachide. In alcune zone della città centinaia di persone stazionano in piedi per ore davanti ai bar con in mano un bicchiere di plastica pieno di vino. Centinaia, non qualche decina. Impedendo il traffico, disturbando i residenti, in nome di un “esserci” nel luogo giusto, con la gente giusta. Ma giusta per chi?

L’abuso di occupazione di spazi pubblici, incontrollata, la concessione di licenze a venditori di cibo facilitano l’improvvisazione imprenditoriale di chi salta sul carro della ristorazione. Artigianato? Scomparso. Negozi di prossimità? Chiusi per l’ingordigia dei proprietari dei locali. Spazi espositivi e commerciali storici riciclati in luoghi per l’aperitivo o in abitazioni di lusso. Sfratto sistematico operato dalla città ai suoi abitanti.

Mi chiedo come tutto questo possa accadere nella indifferenza delle istituzioni. Ma, riflettendo, mi accorgo che la decadenza che vedo, quella che si palesa sui marciapiedi, terra di conquista per chi arriva a Milano per farsi una bevuta e se ne va, lasciando i propri rifiuti, viene da lontano.

La delegittimazione degli insegnanti (i meno pagati d’Europa), la chiusura di teatri e cinema, non sostenuti dal denaro della comunità, la messa al bando della cultura, spregevolmente chiamata radica chic, fa parte di un trend iniziato anni fa e sostenuto dalla discesa agli inferi della televisione, tronfia della propria ignoranza,  dalla trasformazione di luoghi di pensiero (uno per tutti la libreria Utopia), in posti dove si beve. Penso alla musica assordante in ogni locale pubblico che uccide la conversazione.

La decadenza culturale della città partecipa di un movimento globale per il quale conoscenza e istruzione sono disvalori perché incapaci di far girare denaro e il vendere e il comprare sono le uniche attività sostenute.

Piazza XXV Aprile, Milano. Negozi chiusi. Trionfa in lei un supermercato alimentare per vip, nato sulle ceneri del più famoso teatro musicale milanese: lo Smeraldo. Non ci entro. Vi campeggiano foto gigantesche di chi lì si è esibito, come in una tomba la statua del faraone. Mi prende allo stomaco.

Lo stomaco, e già, al posto del cervello. Mangiare e bere per farsi succube del denaro e della esposizione mediatica. E muoia la capacità critica in questa danza macabra.

Foto di skaryclown_voice da Pixabay