In un articolo scientifico, non recente ma interessante, sono state analizzate la frequenza media di fonazione di donne alcuni mesi prima e alcuni mesi dopo un parto eutocico.
Ciò che i ricercatori hanno notato è una riduzione della frequenza media di conversazione e della ampiezza di modulazione conversazionale nel dopo parto, aspetto che sembra prolungarsi per alcuni mesi dopo la nascita del bambino.
Pur tenendo conto che le modificazioni dell’increzione ormonale che accompagnano questo periodo delicato della vita della donna possono coinvolgere la massa della corda vocale e la sua imbibizione, aumentando le resistenze glottiche, l’aggravamento di fondamentale, secondo gli autori, è maggiormente dovuto a fatti psicologici, cioè al desiderio di proporsi socialmente come donne rese più mature e autorevoli dal nuovo stato di madre.
L’interpretazione, a mio giudizio, prescinde da un dato importante.
Nonostante il maternese sia prodotto a frequenza fondamentale maggiormente modulata ed elevata nei valori medi, gli atti della cura che si accompagnano alla tranquillizzazione del bambino, al favorire il suo addormentamento e a tutte quelle pratiche che si propongono una riduzione dell’arousal sono esercitate con un tono più grave e una intensità più sommessa.
Nel linguaggio materno vi sono infatti due aspetti solo apparentemente contrastanti ma finalizzati a due diverse modalità relazionali.
Frequenza elevata, modulazione più marcata, timing più rapido nelle interazioni attivanti faccia a faccia, nelle quali si vuole attrarre a sé l’attenzione del bambino e mantenerla viva.
Frequenza più grave, intensità sommessa e timing spianato nella tranquillizzazione.
La frequenza più grave quindi, riscontrata in questo periodo post-partum, mi pare, più che la esibizione di una maggiore maturità, lo spalmarsi sulla conversazione quotidiana di quelle modalità profondamente rassicuranti che la madre utilizza nella maggior parte delle interazioni con il figlio. Rassicurazione che in questo modo, percependo la propria voce, la donna esercita anche su di sé.
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