il mio lavoro segue anche questo criterio
In greco antico si definiva con la parola aestesis ogni forma di sensazione, senza differenziare quella piacevole dalla spiacevole, né attribure al termine significato valoriale. Poiché è proprio del vivente provare sensazioni, la dimensione estetica è la dimensione più primitiva ed essenziale dell’uomo. Il provare sensazioni e attribuirvi un senso, cioè percepire noi stessi, gli altri e le cose intorno a noi, è alla base della coscienza, perché la percezione è “….quella comunicazione vitale col mondo che ce lo rende presente come luogo familiare della nostra vita” (M. Merleau-Ponty).
Solo il venire a contatto, ancor prima della nascita, con sensazioni buone garantisce l’armonia tra il soggetto e il mondo che lo accoglie. Essere toccati, nutriti, guidati alla interpretazione delle sensazioni corporee, permette al bambino di crescere, aprirsi alle cose e agli altri, sviluppare le potenzialità di base. La foniatria e la logopedia possono aiutare i genitori a dare ai piccoli condizioni favorevoli alla crescita individuale, a partire dal massaggio e dall’abbraccio, dall’allattamento e dalla nutrizione, sino all’educazione comunicativa e linguistica. Per le stesse ragioni queste discipline possono favorire nell’adulto la riscoperta del corpo, dei suoi limiti e delle sue capacità, a partire da un itinerario di autopercezione, la cui finalità sia abitare meglio se stessi e il mondo.
Attraverso l’abbraccio della mamma, attraverso le sensazioni orali dell’alimentazione, attraverso il dispiegarsi di suoni e di immagini che qualificano, ora dopo ora, il mondo come luogo dell’accoglienza, il neonato trova un senso per sé, ancora primordiale, ancora non dispiegato nella conoscenza sistematica ma pur sempre vitale promessa dell’accettazione che il mondo stesso, attraverso la madre, gli offre . Per tutta la vita la percezione rimane la donazione di senso che noi operiamo sul mondo, donazione dalla quale usciamo “giustificati”’ nel nostro continuare a vivere. Essa può risvegliare nel soggetto ricordi, emozioni che vengono riattualizzati, così che, percependo, più che richiamare a noi il tempo trascorso (quale moto del passato verso il presente), ci troviamo a tuffarci in esso, sviluppandone le prospettive un tempo nascoste e ora finalmente rivelate dalla nuova esperienza percettiva, compiendo un’azione dinamica ma con vettore inverso, così che la percezione attuale permette il completo accoglimento dell’esperienza già avvenuta.
Le conseguenze nella clinica di questi presupposti sono molteplici.
Esse vanno dal
favorire la consapevolezza di sé attraverso itinerari autopercettivi (quali si attuano nella riabilitazione dei disturbi della voce, nella disartria, nella disfagia),
al promuovere una cultura della “buona sensazione”, perseguendo una riabilitazione attraverso il tatto e il gusto nei soggetti disfagici, nei bambini cattivi deglutitori o disprassici orali, difendendo il diritto del paziente anziano, ricoverato, con deterioramento cognitivo a mantenere una dignità della tavola attraverso un’alimentazione curata nel sapore e nell’aspetto,
al sostenere i genitori nella educazione comunicativa, linguistica, prassica dall’accoglienza del neonato all’età dell’autonomia sociale, in un’ottica di prevenzione oltre che di abilitazione.