Silvia Magnani

Il triplo banda come facilitatore della adduzione cordale

da | 14 Novembre 2017 | Articoli, Disfonia, Età adulta

Il triplo banda è un esercizio che ho tratto dalla mia esperienza di pratica dello yoga. Lo propongo al paziente al fine di riportare a contatto le corde vocali in caso di paralisi o di grave ipotonia.

Desidero spiegarne la matrice yogica e le modalità di esecuzione, affinché sia praticato nella piena consapevolezza delle sue ragioni di fruibilità e secondo le regole della disciplina da cui è tratto senza apporvi modificazioni o varianti.

Ritengo che esso sia l’esercizio elettivo per ottenere il compenso in caso di paralisi cordale quando si voglia evitare di mettere in atto un ipertono del tratto sovraglottico.

La pratica dell’esercizio permette infatti una riadduzione  senza aggetto falso cordale e di conseguenza una vocalità sonora non gravata da perturbazioni di segnale e da diplofonia.

Nel triplo banda la laringe agisce  esclusivamente come separatore senza assumere il ruolo di stabilizzatore posturale, che porterebbe a un inevitabile coinvolgimento della muscolatura del collo e a una riduzione del calibro del vocal tract inferiore, come invece avviene nella pratica logopedica degli esercizi di pushing.

 

Meditare all’università

Durante l’università ho praticato a lungo sia la disciplina yogica, sino ai livelli di meditazione, che lo zen, senza immaginare che poi su queste esperienze avrei costruito parte della mia professionalità medica.

E’ proprio durante le sedute di meditazione in apnea piena che mi sono accorta che la messa in atto della contrazione perineale, voluta dalla pratica di un certo tipo di bandha, produceva su  di me un aumento della forza  con cui le mie corde vocali si mantenevano a contatto, senza per altro darmi sensazioni di oppressione al petto o di costrizione al collo.

Studiando  l’anatomia e la fisiologia vocale ho compreso poi che ciò che provavo era la conseguenza della naturale sinergia tra la contrazione perineale e la contrazione del sistema adduttorio intrinseco laringeo, sinergia che si avverava senza alcun coinvolgimento del sistema posturale e della muscolatura di contenimento addominale.

 

Il triplo Bandha in logopedia

La parola bandha in sanscrito significa nodo, zona di restringimento, porta chiusa. La pratica dei bandha nello yoga è finalizzata alla creazione di sfinteri funzionali sul decorso dei canali energetici, allo scopo di convogliare e poi mantenere l’energia all’interno del corpo.

L’esercizio che propongo prevede la messa in atto di due dei bandha  principali dello yoga, Jalandhara bandha e mula bandha, il primo dei quali ho diviso in due “nodi” separati al fine di facilitarne l’apprendimento al paziente

Jalandhara Bandha

E’ questo un bandha fondamentale nelle discipline di meditazione. Caratterizzato da una chiusura glottica serrata, serve infatti a trattenere l’aria all’interno dei polmoni, prolungando l’apnea piena

La pratica di questo bandha prevede una rapida adduzione cordale a seguito di una profonda inspirazione, seguita dalla flessione del capo sul petto sino a toccarlo col mento

Nell’esercizio proposto al paziente la suddivisione del bandha in due successivi momenti trova la propria ragione  nell’essere la chiusura glottica a seguito della inspirazione un bandha coinvolgente una muscolatura viscerale (il sistema adduttorio intrinseco) attivante la glottide separatrice e la flessione del capo, un bandha di natura esclusivamente posturale, in grado cioè di mutare le relazioni spaziali tra due segmenti corporei, in questo caso il capo e il tronco. In senso fisiologico si tratta quindi di due bandha separati.

Mula Bandha

La traduzione più vicina al significato sanscrito di questo bandha è “nodo delle radici”. Esso consta in una contrazione dei muscoli perineali finalizzata al sollevamento dello sfintere anale, non diversamente da quanto mettiamo in atto quando siamo obbligati a trattenere nell’ampolla rettale un supposta.

Il nome dato a questa pratica è comprensibile se si considera che secondo l’anatomia yogica lungo l’asse cerebro-spinale scorre un canale energetico centrale, contenente l’energia spirituale, chiamato sushumna, la cui radice è posta appunto al di sopra della regione anale in corrispondenza del chakra Mūlādhāra, radice, bulbo della energia stessa.

Il bandha, come per altro il precedente, va eseguito in posizione seduta, meglio in loto o semiloto nella pratica yogica, su una sedia,  con appoggio ischiatico, in riabilitazione.

 

Come proporre l’esercizio

Al paziente seduto correttamente si chiede di fare una profonda inspirazione seguita da una chiusura glottica, come a trattenere l’aria nei polmoni secondo un sistema a valvola (prima parte della scomposizione di Jalandhara Bandha)

A seguito lo si invita a flettere il capo sul petto, apportando così un secondo “nodo” e in realtà concludendo il primo bandha.

Si richiede infine di eseguire il mula bandha, sollevando lo sfintere anale e mantenendo la chiusura glottica e la postura del capo.

Ottenuto in questo modo il “blocco del canale energetico”, si mantiene lo stato per qualche secondo contando a voce alta. Infine si invita il paziente a sciogliere i nodi, a partire dall’ultimo applicato, secondo la progressione: decontrazione del perineo, mantenendo capo flesso e glottide serrata; raddrizzamento del capo a glottide serrata; infine abduzione cordale con un piccolo colpo di glottide.

 

L’esercizio è silenzioso, eccenzione fatta per il colpo di glottide finale che segnala il mantenimento della adduzione cordale nonostante lo scioglimento progressivo dei nodi e non prevede nessun suono conclusivo, tanto meno un suono con vocale anteriore e consonante plosiva, che, obbligando alla anteriorizzazione linguale, andrebbe a rompere lo schema flessorio.

Il triplo banda per essere efficace va praticato molte volte al giorno per periodi brevi, compito non difficile da realizzarsi, vista la sola necessità di assumere la posizione seduta

 

Praticare l’esercizio non significa abbracciare la teoria  dell’energia né ritenere realistica l’anatomia yogica. Nella mia esperienza personale con decine di pazienti portatori di paralisi cordale l’esercizio si è dimostrato utile, facilmente praticabile, purché correttamente spiegato.

Una prova della sinergia tra la contrattura perineale e la adduzione cordale si può dare al paziente incredulo producendo per lui una fonazione con vocale tenuta e dimostrando l’incremento di intensità (segno di aumento delle resistenze glottiche) che la voce subisce ad ogni nostra contrazione perineale con sollevamento dello sfintere anale.

(1) utilizzerò da qui la parola in sanscrito

vuoi ricevere via email gli ultimi articoli?

[yikes-mailchimp form=”1″]