Silvia Magnani

Parla come mangi

Da sempre ho visto nella produzione di autostimolazioni orali e laringee da parte del lattante l’origine del linguaggio.

Sono convinta infatti che la comunicazione nasce da una radice profonda, autoerotica, dalla ricerca cioè innanzitutto del piacere per sé (nelle prime fasi della vita rappresentato dalle sensazioni legate all’atto alimentare) e solo successivamente dal desiderio di contatto.

Lo studio che dagli anni 90 si compie sulla funzione mirror di alcune popolazioni neuronali soprendentemente avvalora questa ipotesi.

 

Integrazione non localizzazione corticale

I neuroni presenti nell’area  F5 nella corteccia frontale agranulare dei primati sono, come si sa, strettamente connessi all’area intraparietale inferiore (AIP).

Essi scaricano non solo  quando l’animale agisce su un oggetto, ma anche quando  il primate lo vede e, probabilmente, si prefigura l’azione. Questi neuroni, capaci di attivarsi per la sola visione, chiamati “neuroni canonici” o visuo-motori, rappresentano il ponte di passaggio tra le sensazioni (corteccia parietale) e l’attivazione motoria vera e propria gestita da F1.

Così come a F1 è deputato il movimento fine, a F5 è riservata la conservazione dello “schema dell’azione”, attivabile sia in caso di movimento reale, sia in caso di sola visione dell’oggetto sul quale il movimento dovrebbe essere agito.

Accanto a questa popolazione di neuroni motori che scarica senza che l’azione si eserciti sull’oggetto, ve ne è un’altra  che viene attivata dalla visione di uno sperimentatore che quella azione compie. A tali neuroni è stato dato il nome di neuroni specchio.

 

Parliamo di bocca

Nella regione ventrale di F5 è presente una particolare popolazione neuronale deputata al controllo dei movimenti della bocca.

I neuroni che la compongono possono essere differenziati in due categorie.

Una prima è rappresentata da neuroni capaci di attivarsi alla visione di un atto “transitivo”, cioè compiuto su un oggetto, quale il succhiare, il portarsi cibo alla bocca. Una seconda è rappresentata da neuroni capaci di attivarsi alla visione di atti intransitivi, cioè non agiti su un oggetto, ma finalizzati alla loro stessa esecuzione. A tali atti, come protrudere le labbra o schioccarle, nel mondo dei primati può essere data valenza comunicativa.

I due tipi di neuroni specchio, chiamati rispettivamente  neuroni ingestivi e neuroni comunicativi, rispondono  in modo diverso allo stimolo visivo. Mentre per i primi la scarica è presente solo quando l’azione è transitiva, quando cioè lo sperimentatore compie un atto alimentare, per i secondi, quelli comunicativi, la scarica è presente sia quando il primate osserva un atto intransitivo, quindi con valenza comunicativa, sia quando l’animale compie un atto transitivo, al primo molto simile.

In altre parole il neurone scarica sia che il primate veda lo sperimentatore protrudere le labbra nella comunicazione, sia che lui stesso protruda le labbra per afferrare il cibo.

Questo lascia supporre che la comunicazione utilizzi un substrato neurale comune alla azione finalizzata al nutrimento.

L’ingerire e il comunicare appaiono quindi azioni limitrofe se non addirittura parzialmente sovrapponibili.

 

Dagli atti alimentari alla ritualità comunicativa

Non solo, gli studi etologici hanno ipotizzato che lo schiocco sonoro delle labbra, utilizzato tra i primati e finalizzato alla comunicazione, prenda le mosse dal grooming eseguito con le labbra protruse.

Il “saluto a schiocco” deriva quindi, ma presentandosi come icona dell’origine, da un atto di affiliazione, il grooming, esercitato a labbra protruse, a propria volta evoluzione di un’attività autoerotica,  come l’alimentarsi, in attività dispensatrice di piacere condiviso e di gratificazione sociale.

Dal protrudere le labbra per afferrare il cibo, al protrudere le labbra sull’altro per manifestare accettazione e legame, all’utilizzare solo lo schiocco labiale a comunicare affiliazione e appartenenza.

Questo, si deve ammettere, non appare molto diverso dal trasformare le azioni generatrici di buone sensazioni sperimentate nelle attività alimentari in esplorazione orale del mondo, in lallazione e infine in linguaggio.

La presenza di un medesimo substrato neurale per le attività alimentari e comunicative deve far riflettere chi si occupa di disprassia orale sia nel momento diagnostico (anamnesi alimentare dalla nascita), sia in senso riabilitativo progettuale (doppio percorso di abilitazione alimentare e fonoarticolatoria), sia in senso riabilitativo operativo (utilizzo del modellamento visivo).

Se vuoi saperne di più G. Rizzolatti, C. Sinigaglia “So quel che fai”, Raffaello Cortina Editore – 2006